Una delle cose che mi piace più del mio lavoro, sono le uscite con i bambini delle scuole elementari.
Sono curiosi, semplici e divertenti. Riescono a scovare tracce di animali ovunque. Osservano i colori e annusano i profumi del bosco con ingenuità. Ti si affezionano nel giro di un quarto d'ora, e dopo una giornata sono tutti i tuoi bambini.
Ma soprattutto cantano. Quando hanno un sentiero lungo, un attimo di pausa o fanno la fila per fare la pipì, loro cantano. Queste canzoncine ti entrano nella testa, e non ti escono più. Mi diverto sentirli cantare. Sono dolci nelle loro stonature di un coro in movimento su un terreno instabile.
Proprio ieri sono uscita in una fresca e soleggiata giornata di novembre con un bel gruppo di quarta elementare. Oramai sono anni che vedo questi bambini, e mi diverte ogni anno vederli sempre più grandi. Ma soprattutto mi diverto sentirli cantare quelle simpatiche canzoncine in dialetto che gli insegnano a scuola. E' una piccola scuola privata di Varese, che punta sulla conoscenza del territorio e delle antiche tradizioni locali. E quindi la maestra Diana insegna ai suoi bimbi canzoni in dialetto bosino. Per chi non lo sapesse i Bosini sono gli abitanti di Varese, con un'etimologia piuttosto discussa, il termine deriva o dalla Val Bossa, o come un sopranome da Sant'Ambrogio, o l'appellativo dato dai Milanesi ai contadini di Varese che allevavano, nei tempi indietro, bovini.
Fatto sta che è due giorni che ho in testa la Canzun de la Penagia.
E' una canzone sul fare il burro con la zangola a partire dalla panna.
Il gioco consiste nel far provare a turno i bambini (e anche a me) a fare il burro, facendo finta di battere il bastone. E quindi
Batt e schiscia ammò pussè pussè ammò pussè
Batt e schiscia ammò puss e la panera l'è buter!!
così finchè non viene il burro. Da due giorni. Senza parlare della canzone de la pulenta con il furmentun.
I bimbi si divertono un sacco e anche noi. Ma anche i nonni perchè si sentono quelle vecchie espressioni dialettali di un tempo non più utilizzate, soprattutto dai nostri bambini. Nelle nostre case si parla solo l'italiano (nella mia per prima) e i nostri dialetti stanno scomparendo portando via un pezzettino della nostra storia e delle nostre tradizioni.
Mi ricordo come da piccola ero contesa tra il dialetto bellunese dei nonni materni e il dialetto bustocco dei nonni paterni. Ha vinto tutto sommato il bellunese, giusto perchè passavo tanto tempo in montagna con i nonni e lì si parlava solo dialetto tra stalle con mucche profumate di letame e fontane con acque gelate anche in estete.
Se poi volete far vedere ai vostri bambini come è fatta una penagia, o come si raccoglieva e macinava il furmentum per la polenta, o come si lavoravano i bachi da seta e altre stranezze del genere, potete andare in gita a Brinzio (VA) al Museo della Cultura Rurale e Prealpina, dove sono raccolti centinaia di vecchi strumenti di lavoro dei nostri nonni e bisnonni.
E' stato fatto un meticoloso lavoro di raccolta di vecchi attrezzi di lavoro, sono stati suddivisi in base all'utilizzo, e quello che ne è uscito è un posto magico, dove torni indietro di anche 100 anni.
Io lo adoro. E quando porto i bambini, li vedo sempre interessati ad ascoltare le storie dei loro bisbisnonni!!
Quindi se volete fare un tuffo nel passato potete richiedere il cd "I Stagiun da Vares" direttamente alla scuola bosina (www.scuolabosina.com) o andare al Museo di Brinzio (www.museo.brinzio.va.it).
Ciao
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